La Consob ha pubblicato il Quaderno giuridico numero 20 intitolato La nuova via della seta e gli investimenti esteri diretti in settori ad alta intensità tecnologica – Il golden power dello Stato italiano e le infrastrutture finanziarie.
Da tempo l’Europa rappresenta la principale destinazione mondiale degli investimenti esteri diretti, anche in ragione del fatto che l’Unione europea – cui spetta la competenza esclusiva in questa materia ai sensi dell’articolo 207 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) – ha da sempre accolto favorevolmente tali forme di investimento in virtù dei notevoli benefici che gli stessi apportano all’economia e, conseguentemente, all’occupazione.
Tale impostazione non è mutata nel corso del tempo nonostante il fatto che, soprattutto negli anni che vanno dal 2005 al 2007, si sia registrata in tutto il mondo una forte crescita dei flussi di investimenti esteri diretti e, tra essi, soprattutto di quelli effettuati dai Fondi Sovrani. Un nuovo allarme, però, in relazione agli investimenti diretti effettuati dai Fondi Sovrani e dalla Cina si è registrato a livello internazionale tra il 2016 e il 2017. Infatti, nel 2016, per la prima volta nella storia moderna, il valore degli investimenti esteri diretti cinesi in Europa ha superato il valore degli investimenti esteri diretti effettuati dai Paesi dell’Unione Europea in Cina. Secondo la Commissione europea tali acquisizioni (ed altre analoghe) possono effettivamente consentire a determinati Paesi di utilizzare le attività a scapito non solo del vantaggio tecnologico ma anche della sicurezza e dell’ordine pubblico dell’UE. Questo ha aperto la discussione all’interno della Commissione, soprattutto per i dati relativi all’importante aumento degli investimenti esteri diretti in Europa nei settori ad alta tecnologia.
Anticipando una normativa europea in corso di approvazione, il legislatore italiano (con la legge n. 172 del 2017) ha voluto ricomprendere, tra gli altri, anche il settore delle infrastrutture finanziarie all’interno del perimetro degli interessi essenziali (strategici) del nostro Paese ai fini dell’esercizio del golden power.
Lo studio ripercorre così sinteticamente la “tormentata” storia della normativa italiana a tutela degli interessi fondamentali e strategici a rilevanza generale, muovendo dalla legge del 1933 che subordinò le iniziative industriali dei privati all’autorizzazione del Governo, per passare alla Legge sulle privatizzazione del 1994, alla Legge sui poteri speciali dello stato del 2012, per giungere sino alla recente modifica di quest’ultima legge di fine 2017. A ciò è dedicata la prima parte del lavoro.
Nella seconda parte si individua la fattispecie ‘infrastruttura finanziaria’ per trarne alcune considerazioni in ordine alla nuova disciplina della Legge n. 172 del 2017. Più in particolare sono analizzati i limiti che incontra il golden power in tale ambito e cercando di offrire qualche riflessione preliminare circa la portata delle nuove norme in relazione agli effetti che la Brexit potrà avere sulle infrastrutture di trading. Infatti, per effetto dell’uscita dall’Unione Europea del Regno Unito le principali infrastrutture finanziarie italiane, essendo parte del Gruppo London Stock Exchange, potrebbero rappresentare un potenziale primo “banco di prova” per l’applicazione delle norme contenute nella Legge n. 172 del 2017.
Le infrastrutture di mercato italiane hanno avuto infatti da sempre l’obbligo di istituire e mantenere una struttura organizzativa e societaria progettata per garantire la piena responsabilità e l’accountability delle principali funzioni svolte quali market operators. La circostanza non sembra pertanto suscettibile di determinare effetti pregiudizievoli per la indisturbata continuità operativa delle infrastrutture. Da questo punto di vista occorre preliminarmente osservare come il quadro normativo e quello di vigilanza applicabile alle infrastrutture finanziarie sono, entrambi, già conformati per garantire che – indipendentemente dalla titolarità dell’UE o non UE – le società che gestiscono le infrastrutture di mercato italiano siano ben equipaggiate e adeguatamente strutturate per svolgere i compiti e le responsabilità loro assegnati dalla legge e garantire la trasparenza e l’ordinata condotta delle negoziazione.
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