Gli investitori privati non hanno ancora ben chiara la figura professione del consulente finanziario e a tale ambiguità ha senz’altro contribuito la terminologia adottata dal legislatore. Parlare genericamente di consulenti finanziari non sempre è corretto perché si sottintendono due figure professionali, con proprie peculiarità, nettamente distinte e non compatibili.

Le due figure professionali sono: i consulenti finanziari autonomi (in breve consulenti autonomi) e i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (in breve consulenti fuori sede). Fino a pochi anni fa, prima dell’istituzione nel 2018 dell’Albo unico dei consulenti finanziari, le due figure erano denominate, rispettivamente: consulenti finanziari e promotori finanziari.

La differenza, come detto, non è puramente lessicale ma sostanziale, seppur entrambe le categorie siano iscritte nel medesimo albo professionale (anche se in sezioni distinte), e sostengano uguali prove valutative per l’iscrizione. Si diceva poco sopra non compatibili: non si può essere iscritti contemporaneamente alle due sezioni, o una o l’altra; sono ammessi però passaggi da una sezione all’altra.

Si considerino per primi i consulenti autonomi. In passato quando si parlava di consulenti finanziari ci si riferiva proprio a questi professionisti la cui attività ha un valore maggiormente consulenziale, rispetto a quello dei consulenti fuori sede la cui attività si configura principalmente nella promozione e collocamento di prodotti finanziari.

L’accezione consulenziale è considerata nel Testo Unico della Finanza (in breve TUF), che definisce la consulenza finanziaria, o meglio la consulenza in materia di investimenti come la prestazione di raccomandazioni personalizzate dietro richiesta del cliente o per iniziativa del consulente stesso, riguardo a una o più operazioni relative a strumenti finanziari. Il consulente autonomo quindi fornisce il suo parere in merito a operazioni di investimento dopo aver studiato la situazione del cliente. Le operazioni proposte sono quindi ritagliate su misura – personalizzate – per le sue esigenze e adeguate al suo profilo di rischio rendimento.

Sempre in base al TUF, la consulenza finanziaria rientra tra i servizi e attività di investimento e pertanto può essere svolta solo da determinati soggetti, fissati dalla normativa stessa. Tra di essi rientrano anche consulenti autonomi ma non i consulenti fuori sede.

Il tratto distintivo dei consulenti autonomi è proprio l’indipendenza verso gli intermediari mentre i consulenti fuori sede sono persone fisiche che, in qualità di agenti collegati, esercitano professionalmente l’offerta fuori sede come dipendenti, agenti o mandatari dei soggetti abilitati, che obbligatoriamente devono avvalersi di loro per poter effettuare l’offerta fuori sede di strumenti finanziari e servizi e attività di investimento. Per essere ancora più chiari, i soggetti abilitati non possono invece avvalersi dei consulenti autonomi.

L’attività di consulente fuori sede può essere svolta esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto abilitato, che è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

Il consulente autonomo invece non è legato a un intermediario in particolare e ai prodotti emessi o distribuiti da questo. Il consulente autonomo consiglia in base a specifiche valutazioni sul profilo rischio rendimento del cliente i prodotti che ritiene adeguati. Per questa attività di consulenza riceve un compenso come professionista direttamente dal cliente, al pari di avvocati o commercialisti, mentre il consulente fuori sede invece è pagato dall’intermediario che gli conferisce l’incarico.

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